La “pancetta” come inizio di disturbi. Come eliminarla.
Il grasso addominale, se associato a diabete, ipertensione e malattie vascolari, può portare a uno squilibrio metabolico complessivo. Ecco come affrontarlo
L’obesità viscerale si posiziona tra le anse intestinali e tra le fibre muscolari.
Uomo di pancia, uomo di sostanza, recita un detto popolare. Ma, anche senza arrivare al plauso esplicito, la pancetta (maschile) è spesso guardata con simpatia. «È un peccato, perché si rischia di non fare nulla per “mandarla giù”», spiega Giuseppe Ventriglia, responsabile nazionale dell’area formazione della Simg (Società italiana dimedicina generale). «Ma il grasso nella zona addominale è un grasso particolare, indicatore di possibili fattori di rischio per altri disturbi». Non è fastidioso ma inoffessivo come quello che si deposita sulle cosce, soprattutto delle donne. L’obesità viscerale (si identifica con la misurazione della circonferenza addominale) si posiziona tra le anse intestinali e, soprattutto negli anziani, tra le fibre muscolari. Diversamente da quello sottocutaneo, può avere conseguenze sul benessere generale dell’organismo: le cellule che lo compongono rilasciano infatti delle sostanze, dette adipochine, che “accendono” uno stato infiammatorio. «La condizione, complessa, che può derivarne viene definita sindrome metabolica: consiste nell’alterazione di più parametri, come colesterolo, trigliceridi, glicemia, circonferenza addominale, pressione arteriosa, e aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, infarto, ictus e diabete», continua Ventriglia. Spesso vengono trattate le singole alterazioni, mentre sarebbe consigliato un approccio sistemico.
- I VALORI DA CONTROLLARE – La pancetta è un indizio.Ma non basta: la International diabetes federation ha descritto la sindrome come concomitanza di circonferenza addominale elevata (≥94 cm nei maschi e ≥80 cm nelle femmine) e almeno altri due parametri oltre i limiti desiderabili, come elevata glicemia a digiuno (>100 mg/ dl o diabete conclamato), livelli elevati di trigliceridi (≥150 mg/dl), bassi livelli di colesterolo buono (Hdl <40 mg/dl neimaschi e <50mg/dl nelle femmine)
e pressione elevata (≥130/85 mmHg o in terapia medica). Di fatto si calcola che soffra di sindrome metabolica circa il 30% della popolazione. E, anche se è sempre più trasversale, i più colpiti sono i maschi di età superiore ai 45 anni.
FOCUS SULL’INTESTINO – La sindrome metabolica è l’effetto finale di un processo che parte dall’alterazione di un singolo parametro a cui se ne aggiungono altri nel tempo: parametri che sono però più connessi di quanto si pensi, poiché dipendono spesso da uno squilibrio del metabolismo che parte dall’intestino. La causa principale è un’alimentazione ad alto contenuto di grassi che genera una “disbiosi” tra le specie batteriche, favorendo la proliferazione di alcune e la riduzione di altre. Questo genera un aumento della permeabilità intestinale favorendo un assorbimento maggiore della norma dei grassi e il passaggio non fisiologico delle sostanze infiammatorie nel sangue. In questo contesto il fegato, che riceve circa il 75% del sangue dall’intestino, riceve anche un eccesso di nutrienti e di sostanze infiammatorie: non riuscendo a gestirle efficacemente, perde il suo ruolo di regolatore metabolico.
GLI ALLEATI: MOVIMENTO E DIETA – Trattandosi di una condizione di squilibrio metabolico complessivo dell’organismo, andrebbe curata in modo sistemico, operando quella che gli specialisti chiamano aggressive lifestyle modification: un cambiamento a 360° delle proprie abitudini di vita. Più attività fisica, quindi: almeno 30 minuti 3-5 volte la settimana, associando a un movimento di tipo aerobico (corsa, nuoto o camminata veloce) esercizi “contro resistenza”, cioè di forza (sollevamento di piccoli pesi e piegamenti sulle gambe): un allenamento combinato fondamentale per migliorare i profili lipidico e glicemico. Decisiva anche un’alimentazione studiata per “ricondizionare” il microbiota intestinale: pochi zuccheri semplici (vietate bibite zuccherate e gasate), meno carboidrati e sempre integrali, e molte fibre da frutta e verdura. Può essere utile anche l’uso di integratori a base di sostanze naturali complesse, che aiutino a riequilibrare i parametri.