
Tutta la verità sui conduttori che restano nella storia
Non basta la professionalità per dominare la TV: serve quella scintilla che accende il pubblico e trasforma un bravo conduttore in un mito indimenticabile
Quando il carisma diventa leggenda
Cosa rende davvero grande un conduttore televisivo? È solo questione di professionalità, o serve anche quel carisma che buca lo schermo e resta nella memoria?
Per esplorare questo tema – e il curioso parallelo tra il mondo della TV e quello del tennis – abbiamo incontrato Alessandro Cucinotta, conduttore e showman siciliano, grande conoscitore del piccolo schermo e delle sue dinamiche.
Con lui abbiamo parlato di Stefano De Martino e Gerry Scotti, di Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, ma soprattutto della differenza – netta – tra chi mantiene in vita uno show e chi, invece, lo trasforma in leggenda.
Partiamo dal parallelo iniziale: perché definire Stefano De Martino il “Sinner della TV”?
Perché, proprio come Jannik Sinner nel tennis, De Martino è impeccabile. È un conduttore ordinato, controllato, professionale. Tiene su Affari Tuoi con precisione e porta ascolti, senza mai sbagliare un colpo. Ma, proprio come Sinner, non infiamma. Non ha quel guizzo che ti resta in mente, quel colpo di genio che trasforma un bravo professionista in un’icona.
Quindi il paragone si basa su più di una semplice somiglianza caratteriale?
Esattamente. Sinner è un campione disciplinato, vincente, ma non ha ancora quell’aura mitica. Allo stesso modo, De Martino è affidabile, elegante, solido. Ma difficilmente diventerà “il volto” della TV. È bravo, molto bravo, ma manca ancora quel qualcosa in più che fa la differenza tra chi lavora nella storia e chi la scrive.
E Gerry Scotti? Dove si colloca in questo confronto?
Scotti è l’Alcaraz della televisione. Un fenomeno puro. Quando guardi La Ruota della Fortuna, non guardi il format: guardi lui. È il carisma fatto persona, ha una naturalezza e un magnetismo che non si insegnano. Così come Carlos Alcaraz in campo: imprevedibile, spettacolare, nato per dominare il palcoscenico. Con lui, il tennis non è solo sport, è emozione pura.
Insomma, due categorie diverse?
Totalmente. De Martino e Sinner sono solidi, vincenti, affidabili. Ma, alla fine, sostituibili. Scotti e Alcaraz, invece, sono unici, irreplicabili. Lasciano un segno, entrano nella memoria collettiva, diventano storia.
E De Martino cosa può aspettarsi dal futuro, secondo lei?
Può considerarsi fortunato: ha una posizione solida e rispettata. Ma anche sfortunato, perché se non compie un salto di qualità, resterà per sempre il “bravo conduttore” e non diventerà mai il “fenomeno che ha cambiato la TV”. È come se fosse condannato alla competenza, ma non alla leggenda.
Una conclusione spietata?
Realistica. Affari Tuoi può andare avanti anche senza De Martino. La Ruota della Fortuna senza Scotti, invece, non ha senso. Allo stesso modo, il tennis sopravvive senza Sinner. Ma senza Alcaraz perde metà della sua anima. Ed è questo il senso del paragone: nel gioco – che sia televisivo o sportivo – la fortuna non basta. C’è chi è destinato a fare la storia, e chi è destinato semplicemente a tenerla in vita.
A cura di Mario Altomura
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